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Murakami Haruki

I segreti di uno scrittore di consumo e di culto








Murak.hami - mania


Vende milioni di copie.
Eppure piace ai palati fini.
Un caso letterario spiegato dal nipponista Amitrano.

La boa del milione di copie vendute in Italia dallo scrittore giapponese Murakami Haruki è stata festeggiata da Einaudi con la ristampa di un suo bellissimo e ormai introvabile romanzo ( A sud del confine, a ovest del sole, traduzione di Mimma De Petra, revisione di Antonietta Pastore) e con l’edizione speciale di dodici titoli tra i più significativi della sua produzione. Tutti accompagnati dalle nuove copertine dell’illustratore israeliano Noma Bar (sei titoli in marzo e sei in maggio).

Murakami rappresenta un caso letterario davvero singolare, capace com’è di annoverare tra i suoi fan i lettori più sofisticati ed esigenti così come i consumatori di best-seller: un vero e proprio enigma che ha spinto Tsuge Teruhiko, professore all’università Senshu di Tokyo, a dedicargli un saggio, I segreti di Murakami, di prossima pubblicazione da Vallardi. Ma la traccia che sto seguendo qui è offerta da un altro scritto ( 1Q84 di Murakami Haruki. Navigando in un mare di appunti interrogativi) che gli ha dedicato uno dei nostri maggiori nipponisti, Giorgio Amitrano, suo eccellente traduttore e da poco direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo. Il quale, ora, mi conferma: «A volte succede che la ricerca interiore di uno scrittore coincida con la ricerca interiore non di pochi lettori, ma di una moltitudine. Murakami è evidentemente in sintonia con un modo di interrogarsi, di studiare le proprie angosce e i propri desideri diffuso in ogni parte del mondo. Esprime una sensibilità che è allo stesso tempo personale e collettiva. Ciò che lo rende unico, e che forse può spiegare il suo grande successo sia presso i lettori forti che tra i consumatori di best-seller, è l’originalità con cui interpreta un mood collettivo: questo lo rende uno scrittore esclusivo e popolare al tempo stesso».

Grazie anche, continua Amitrano, a una specialissima combinazione di evasione e introspezione. «Il tipico lettore di libri di consumo si aspetta da un romanzo soprattutto evasione. Il lettore di Murakami prova l’ebbrezza di allontanarsi dal proprio mondo per evadere in una dimensione separata dalla propria quotidianità, ma mentre si addentra in questo spazio fantastico, si accorge di compiere contemporaneamente un’esplorazione del proprio mondo interiore. Lo si potrebbe descrivere come un rapporto tra microcosmo e macrocosmo ».
Oppure, per usare le parole del padre dei nipponisti italiani, Fosco Maraini, tra “endocosmo” ed “esocosmo”. Resta comunque che la ricorrente piega visionaria e allucinata dei libri di Murakami, prende avvio da una dimensione ordinaria, quotidiana, che apre all’improvviso su scenari onirici. Anche questo è un tratto in cui ciascuno di noi può riconoscersi. «Le vite di tutti sono impregnate di irrealtà almeno quanto di cose concrete e quotidiane. Murakami ha inventato un metodo per descrivere questo nostro oscillare tra realtà e sogno. È uno stato d’animo che conosciamo tutti molto bene, anche se nel mondo attuale, dominato dalla politica e dall’economia, sopravvive in una dimensione clandestina ».

Così come ci si può facilmente riconoscere in un altro aspetto, presente ad esempio in A sud del confine. Mi riferisco a quel doloroso sentimento che, facendoci tornare sui nostri passi, ci porta a ritenere la strada non presa, la vita non vissuta, come migliori rispetto al destino che abbiamo scelto. «Credo che tale sentimento sia noto a tutti, indipendentemente dai risultati raggiunti nelle proprie esistenze. Anche se ci sono persone che affermano di non avere nessun rimpianto e che rifarebbero da capo le stesse cose. Secondo me mentono. Tutti abbiamo rimpianti. Del resto, senza il rimpianto non esisterebbe la poesia».

Anche in Italia, e da tempo, lo scrittore giapponese, è un autore di culto. Come ha dimostrato l’enorme successo di 1Q84. Ma nulla di paragonabile alla Murakami-mania scoppiata in patria, con un milione di copie vendute in meno di quattro settimane. «Il lancio del libro è stato strategicamente ordito sulla sottrazione delle informazioni: niente anticipazioni della trama, nessuna spiegazione del titolo. Il che ha acuito nei lettori la curiosità; da qui le prenotazioni, le code in fila davanti alle librerie, il clima di attesa spasmodica. Alla lunga, però, a mantenere alte le vendite non è stato il marketing, ma il valore del libro. Uscito da poco in edizione economica, con le tre parti divise in sei volumetti, 1Q84 continua a dominare le classifiche. Ormai ad agire non è più il marketing, ma la reputazione che il romanzo si è costruito tra i lettori, anche se ovviamente non mancano i denigratori. Il successo, oltretutto, è stato accompagnato da alcuni miniboom collaterali, come la riscoperta di uno dei libri più cupi e austeri di Cechov, L’isola di Sakalin, abbondantemente citato nel romanzo; e della Sinfonietta di Janácek, fino ad allora conosciuta da pochissimi».

Ecco così che Murakami si trasforma in «un fenomeno assimila- bile a Harry Potter o alla febbre da i-phone». La stessa frenesia accompagna in Giappone l’uscita del nuovo romanzo, che ha un titolo molto complesso (in Italia, sempre edito da Einaudi, sarà L'incolore Tsukuru Tazaki e i suoi anni di pellegrinaggio). Eppure, malgrado sia a tutti gli effetti una star, Murakami non si è fatto risucchiare dalla fiera delle vanità del successo… «Se ne è difeso continuando a vivere come aveva sempre fatto, in modo riservato e centellinando le apparizioni pubbliche. Ha solo aumentato i periodi di permanenza all’estero. Credo che ormai viva sempre meno in Giappone. Dai suoi libri si percepisce chiaramente che non gli interessa il mondo delle celebrities, ma la vita e l’umanità delle persone ordinarie. Perché, nonostante le proiezioni autobiografiche evidenti in molte sue opere, Murakami non è uno scrittore narcisista. Non scrive per sete di gratificazione, come invece fanno molti scrittori o aspiranti scrittori sempre ostili nei suoi confronti, ma per necessità».

Si ricordava prima Janácek. La musica è un elemento ricorrente in tutti suoi romanzi: classica, jazz, pop. Quanto conta, nella sua fortuna, il sottofondo musicale? «Oltre a permettergli di esprimere un “sentimento del tempo” molto intenso, come è evidente soprattutto in Norwegian Wood, le citazioni musicali rappresentano un forte elemento di coesione nei confronti dei lettori. Chi non si riconosce nella rievocazione nostalgica di certi brani dei Beatles o di Burt Bacharach? Ma non mancano riferimenti meno ovvi, a musicisti jazz poco noti o a composizioni di musica classica tutt’altro che popolari, come la già citata Sinfonietta di Janácek ».

Di Murakami si sottolinea sempre, e giustamente, la centralità delle atmosfere fantasmatiche. Non meno importante è l’idea della costitutiva solitudine in cui sono immerse le nostre esistenze. Che è poi uno dei tratti più tipici della vita metropolitana. «Non c’è dubbio. La solitudine è il tema per eccellenza di Murakami, molto più importante dei mondi paralleli, delle sparizioni, della musica. È quel vuoto al centro dell’esistenza che nessuna compagnia, nessun amore riescono mai veramente a riempire».

Un vuoto a cui si accompagna però una foresta infinita di segni da cui siamo attratti in modo irresistibile. Esemplare, in tal senso, è Kafka sulla spiaggia, che ci racconta un mondo magico, dove ogni evento rimanda enigmaticamente al successivo. Una specie di mosaico fantastico, le cui tessere non si compongono in modo razionale, ma invitano comunque a un esercizio interpretativo ininterrotto, finendo per disegnare una misteriosa rete di corrispondenze, analogie, rimandi. Questo è l’arcano che va ricercato, sembra dirci Murakami, quasi suggerendo l’ambito di una nuova, inusitata forma di religiosità.

la Repubblica - R2 Cultura

 



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